giovedì 9 dicembre 2010

Maratona di New York 2010

Se desideri vincere qualcosa
puoi correre i 100 metri.
Se vuoi goderti una vera esperienza
corri una maratona.
(Emil Zatopek)

E se la maratona è quella di New York l’esperienza è ancora più forte.

Uno spettacolo, un fascino che solo i 45mila runners riescono a capire. Una bellissima esperienza tanto che alla fine vorresti consigliarla a tutti: “Ma perché non la fai? Alla fine non è così dura… Se non vuoi fare dei super tempi puoi farla benissimo, camminando hai tempo 8 ore…” ed altre cose del genere. Non è una passeggiata, un po’ di allenamento ci vuole ma vi assicuro che non è irraggiungibile. A ri-eccomi a fare la buona consigliera.

Domenica 7 novembre ho corso la mia prima maratona di New York in 5 ore e 29 minuti ( 28 minuti e 58 secondi per la precisione). 42 kilometri e 195 metri partendo dal ponte di Varrazzano, passando per Brooklyn, Queens, Bronxs, Harlem e arrivando al famoso FINISH in Central Park.
Che ha vinto Gebre in 2h08'14" lo sapete, che io i top runner non li ho nemmeno visti lo potete immaginare. Non sono qui a farvi un resoconto dell’evento ma solo per raccontare quest'avventura.

La mattina della maratona il telefono dell’albergo suona alle 3:45 del mattino… alzo la cornetta ma nessuno risponde. Ah ok è la sveglia. E’ arrivato il grande momento. E’ ora di partire: fremiti, eccitazione, fibrillazione. Il mio unico pensiero: “Stai tranquilla, l’importante è arrivare alla fine… sana e salva, con le tue gambe”. Alle 5 inizia il viaggio interminabile verso lo start a Staten Island. Bus, battello e ancora bus. Il freddo è pungente ma fortunatamente ogni tanto qualche raggio di sole mi scalda mentre rimango sdraiata ricoperta da una serie di indumenti da buttare (abbigliamento che poi andrà in beneficenza). Sembriamo dei profughi: chi ha il sacco a pelo, chi la tendina. Ci sono alcuni personaggi vestiti con la tutina di RIS o CSI, se preferite. L’importante in questa attesa è rimanere al caldo e mangiare. Alle 9.40 si sente l’inno americano, la voce in lontananza del Sindaco Bloomberg ed il famoso sparo, è partita la prima wave (a New York si parte a scaglioni di circa 15.000 persone alla volta). Tra poco tocca a me. Ore 10.10 è il mio momento. GO! Si parte!!! Il sorriso è sempre presente. Non ti rendi nemmeno conto di quanta gente c’è. Organizzazione impeccabile. Sul ponte di Varrazzano siamo solo noi runners, si sente il rumore dei piedi che accarezzano l’asfalto e nient’altro. Mi guardo in giro mentre corro, siamo in tantissimi ed il paesaggio è pazzesco, in lontananza si vede Manhattan. Finito il ponte ti accoglie Brooklyn con il suo fantastico pubblico. Iniziano una serie di: Go Monia Go… Italyyyyy. Tutti ti incitano. Il cartello che più mi ha colpito è quello che teneva in mano una simpatica ragazza: “For we are all Kenyans” (Per noi siete tutti Kenioti)… mi sarei fermata ad abbracciarla!


I km passano, la fatica non si sente. Sono troppo impegnata a vedere lo spettacolo in strada con tutte le band che suonano live ogni 20 metri. La prima crisi arriva all’incirca a metà sul Queensboro Bridge. Una salita lunghissima che mi costringe a camminare. Da quel momento il mio ritmo è rallentato. Raggiungiamo, io e Valentina (una mia grande amica con la quale ho corso tutta la maratona) la First Avenue, una lunga via larga 6 o 7 corsie e lunga 8 km. Un rettilineo pazzesco che non ti fa intravedere la fine. Resisto e continuo a correre/camminare ed intanto il pubblico si è moltiplicato. Ancora un ponte ed entriamo nel Bronx, inizio a faticare ed ho bisogno di
carburare. Una piccola oasi con delle banane sono la carica giusta per poter riprendere la marcia verso Central Park. Gli ultimi chilometri sono abbastanza tranquilla, la mia andatura è costante ed aspetto in grazia di vedere il cartello 25° miglio (una maratona è 26,2 miglia).

Raggiunto il 25° miglio capisco che l’arrivo è vicino. Cerco di sistemarmi per non oltrepassare il traguardo troppo scomposta e lo vedo, non ci posso credere… passo sotto la scritta finish e l’emozione è fortissima tanto che la mia guancia si bagna di una piccola lacrima.
Obbiettivo raggiunto, la medaglia è al mio collo.

I’M IN. Finisher. Semplicemente ce l’ho fatta!!!

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